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Motivazione e coinvolgimento

Che cosa rende possibile l’apprendimento? Difficile a dirsi. Ci sono migliaia di fattori che concorrono alla buona riuscita dell’esperienza formativa di uno studente. Fanno la loro parte lo stato di salute fisico e mentale dello studente, l’ambiente in cui avviene l’apprendimento, la comunità sociale in cui è inserito ognuno e molto altro. Certo, conta anche la preparazione del docente e la qualità della lezione. Ma i fattori veramente fondamentali sono due soltanto: la motivazione e il coinvolgimento.

Foto di Amina Filkins da Pexels

La motivazione

Che cos’è? In parole povere: quello che ci spinge a fare qualcosa.

Qualsiasi tipo di apprendimento, che sia del bambino o dell’adulto, formale o informale, teorico o pratico, passa per la motivazione. Senza motivazione non si impara. Mai. Non tutte le motivazioni sono uguali, però. Possiamo dividere le motivazioni in due macro-categorie: estrinseca e intrinseca.

Diciamo che una persona è estrinsecamente motivata quando fa qualcosa perché prevede che riceverà un riconoscimento o un premio esterno o quando evita di fare qualcosa temendo che questa porti a conseguenze negative. Questo tipo di motivazione è molto facile da provocare: basta fare promesse o minacce di qualche tipo. Un buon voto, un regalo, un premio oppure una punizione o un provvedimento disciplinare. Però è anche un tipo di motivazione non sostenibile: alle lunghe ci abituiamo ai premi e alle punizioni ed è necessario continuare ad alzare il tiro.

La motivazione intrinseca, invece, è quella che ci spinge a VOLER fare qualcosa. In pratica: quando sei intrinsecamente motivato tieni a quello che stai facendo. Insomma, il sogno di ogni docente per i suoi studenti.

8 passi verso la motivazione intrinseca

Ma come facciamo a creare esperienze che stimolino la motivazione intrinseca nei nostri studenti? Come per la maggior parte delle cose, non c’è una ricetta segreta che vale per tutte le situazioni. Però ci sono una serie di buone idee che si possono mettere in pratica.

Essere positivi

Che tradotto vuol dire passare da un comportamento punitivo al rinforzo positivo, che incoraggia e sostiene le azioni migliori. Per gli studenti questo rappresenta un cambio di prospettiva notevole: invece di temere la nota, il rimprovero o il brutto voto cominciano a desiderare di fare la cosa giusta.

Concedere autonomia agli studenti

Cioè lasciare la possibilità agli studenti di poter agire, esplorare ed essere creativi, anche nel modo in cui apprendono e in cui risolvono i problemi. E per far questo bisogna passare da tanti canali diversi: non tutti imparano allo stesso modo, non a tutti piacciono le stesse cose, non tutti si esprimono nella stessa maniera. Lasciamo agli studenti la possibilità di scegliere ed esplorare il loro modo di apprendere! Che non vuol dire lanciarli nell’oceano con gli squali e sperare che imparino a nuotare per salvarsi, sia chiaro. Comunque dobbiamo guidarli, aiutarli, essere per loro un punto di riferimento. Ma non teniamoli al guinzaglio.

Lavorare sulle competenze

Non nel senso visto e rivisto di dare compiti di realtà (che male non fanno, ma ne parliamo un’altra volta), ma più che altro muovendosi nella zona di sviluppo prossimale, cioè quello spazio di conoscenze appena fuori dalla confort zone di ogni studente, in cui ci si sente sfidati senza sentirsi frustrati. Cerchiamo di proporre agli studenti sfide che siano alla loro altezza e che li mettano alla prova. Trasmettiamo loro l’idea che con la perseveranza, l’impegno e la pazienza possono farcela sempre.

Creare relazioni sociali

Ricordiamoci sempre che non c’è apprendimento senza relazione. Quindi diamo la possibilità agli studenti di confrontarsi con noi, di confrontarsi fra loro, di confrontarsi con il pubblico. Concediamo loro la possibilità di collaborare, di chiacchierare e di discutere. E insegniamo loro come lavorare insieme.

Dare la possibilità di scoprire

I bambini e i ragazzi sono naturalmente curiosi. Anzi, gli umani in generale sono curiosi. Se non fossimo stati curiosi non saremmo usciti dalla caverna, invece eccoci qua. Facciamo in modo, allora, che questa curiosità non sia annullata, non muoia sotto i colpi della quotidianità e della routine. Lasciamo agli studenti la possibilità di gustarsi la scoperta e, anzi, forniamo loro strumenti ed esperienze che li spingano a voler scoprire di più.

Sorprendere

Facciamo di più: smontiamo la routine. Diamo agli studenti (e a noi stessi) la sensazione che tutto potrebbe succedere. Perché la sorpresa è eccitante. Impariamo e insegniamo a essere pronti per ogni evenienza. Questo non solo stimolerà l’attenzione e il coinvolgimento, ma anche la fiducia in se stessi perché gli studenti sapranno che possono superare qualsiasi sfida. Quando andavo agli scout da ragazzina, il motto di reparto era “Estote parati“, state pronti. Ed era bello. Era stimolante sapere che bisogna essere pronti a qualsiasi cosa potesse succedere e che avevamo gli strumenti per farcela sempre. Ecco, diamo ai nostri studenti quella sensazione lì.

Fornire feedback accurati

A scuola siamo abituati a dare valutazioni sommative, insomma voti. Non sono veri e propri feedback, ma più che altro giudizi sulla qualità di un lavoro. I voti fanno certamente parte del processo formativo di uno studente, ma non sono e non devono essere la parte fondamentale (e soprattutto lo studente non deve temerli). Quello che serve a ognuno è avere feedback sul proprio lavoro che siano regolari. Cose come “Stai facendo bene”, “Lì c’è un errore, ricontrolla”, “Hai sbagliato questo, ma hai fatto bene quest’altro”. Semplici, chiari e soprattutto istantanei.

Usare lo storytelling

Una delle cose che amiamo tutti è essere parte di un racconto, vivere le esperienze, sentirci coinvolti. L’apprendimento deve essere anche questo. Il processo di apprendimento deve essere per gli studenti un’avventura che vivono in prima persona, in cui possono immergersi e imparare, scoprire e sperimentare. Dobbiamo fornire loro il giusto contesto in cui vivere questa avventura. E conoscere qualche segreto dello storytelling può aiutare.


È facile? Assolutamente no. E non è detto che riusciremo inserire questi fattori tutti insieme. E non è nemmeno detto che tutto questo basti a motivare intrinsecamente. Ma è un inizio. Possiamo partire inserendo alcuni di questi elementi e cominciando a stimolare gli studenti in modo nuovo.

Il coinvolgimento

L’altra faccia della medaglia è il coinvolgimento. In realtà è molto difficile parlare di motivazione senza tener conto del coinvolgimento e viceversa. Insomma, per un’esperienza di apprendimento significativa (qualsiasi cosa intendiamo con questa locuzione), ci servono entrambi. Motivazione e coinvolgimento.

Da definizione, il coinvolgimento è il grado di attenzione, di curiosità, di interesse, di ottimismo e di passione che gli studenti mostrano quando stanno imparando.

Esistono, però, tipi diversi di coinvolgimento.

  • Il coinvolgimento emozionale è caratterizzato dai sentimenti degli studenti, ma anche dal loro senso di appartenenza al gruppo classe e dalla sensazione di essere parte attiva nel processo di apprendimento. Fra i fattori che influenzano il coinvolgimento emozionale degli studenti c’è anche la valutazione del valore che danno al loro lavoro e alla lezione a cui partecipano.
  • Il coinvolgimento comportamentale è quello che assicura l’attenzione e l’attività degli studenti durante la vita scolastica. Fra gli indicatori che possiamo analizzare per capire quanto gli studenti sono coinvolti in questo senso troviamo la prontezza a rispondere alle domande, l’attenzione nel prendere appunti o la conversazione in tema con i compagni.
  • Il coinvolgimento cognitivo è fortemente legato alla motivazione intrinseca. Indica quanto lo studente si dedica all’apprendimento e quanto riesce ad organizzarsi e appropriarsi del processo di apprendimento che sta vivendo.

Questo è il primo di una serie di articoli liberamente ispirati dalla formazione che sto seguendo come Certified Educator su Classcraft, piattaforma per la gamification a scuola.

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